Alcoa ha chiuso, l'Alcoa non c'è più, ma da noi rimangono i veleni, i politici ed i personaggi responsabili di questo disastro dell'ambiente e del lavoro



Aiuti di Stato per 1,5 miliardi ma Alcoa se ne va lo stesso: il gigante Usa dell’alluminio ha deciso di chiudere l’impianto sardo di Portovesme, mentre annunciava previsioni di profitto record per il 2012.



Nel 1996 l’Italia cedette all’Alcoa il gruppo Alumix a partecipazione statale, base dell’industria nazionale dell’alluminio, quindi le fornì tramite l’Enel energia elettrica a prezzi fortemente scontati. Tale agevolazione, concessa tramite rimborsi anche dai successivi governi (Amato, Prodi e Berlusconi), è stata pagata dagli utenti italiani con un aggravio delle bollette per miliardi di euro, finiti nelle casse dell’Alcoa.


Spremuto il limone, l’Alcoa se ne va. Lasciandosi alle spalle non solo lavoratori sul lastrico, ma danni ambientali e sanitari provocati da emissioni chimiche e rifiuti di lavorazione, che richiedono altri esborsi di denaro pubblico.
Imponiamo  a tutte le multinazionali che abbandonano il nostro Paese, la restituzione di tutti i contributi pubblici ricevuti (con gli interessi, e con una cospicua parte data a risarcimento dei lavoratori e dei territori in cui avevano sede) e la bonifica completa dei siti.















Alcoa, Eurallumina/Rusal, Portovesme srl/Glencore, tutte presentano un doppio volto: dietro un'apparenza ipertecnologica, attenta alle problematiche ambientali e promotrice di numerose iniziative per il rispetto e la salvaguardia della natura, si nascondono delle multinazionali criminali, sporche e devastanti, che agiscono senza alcun riguardo nei confronti del lavoratore e dell’ambiente che le ospita. Ora, dopo aver ricevuto aiuti di stato pari a miliardi di euro, minacciano di lasciare il territorio senza porre rimedio alla crisi dei lavoratori ed al disastro ambientale da esse generato. Imponiamo a queste multinazionali la restituzione di tutti i contributi pubblici ricevuti e la bonifica completa dei siti!









Intanto dal sito Alcoa si spacciano anche per ecologisti… solo perchè l'alluminio è riciclabile?
Scriviamo tutti il nostro disappunto sulla pagina ufficiale di ALCOA. La bacheca è bloccata, ma possiamo intasare i commenti.... http://www.facebook.com/alcoa

Chi siamo
Alcoa (NYSE: AA) è l'azienda leader a livello mondiale dell’ alluminio integrato, fornendo posti di lavoro a 59.000 dipendenti in 31 paesi. Da quando, più di 120 anni fa, ha inventato la moderna industria dell'alluminio, l’Alcoa  è dietro le pietre miliari dell'innovazione nei settori aerospaziale, automobilistico, packaging, edilizia e costruzioni, trasporto commerciale, elettronica di consumo e mercati industriali. L'alluminio è riciclabile all'infinito e il 75% di tutto l'alluminio mai prodotto è ancora in uso oggi.
Alcoa (NYSE:AA) is the world's leading integrated aluminum company, providing jobs to 59,000 employees across 31 countries. Since inventing the modern-day aluminum industry more than 120 years ago, Alcoa innovation has been behind major milestones in the aerospace, automotive, packaging, building and construction, commercial transportation, consumer electronics and industrial markets. Aluminum is infinitely recyclable and 75% of all aluminum ever produced is still in use today.

Mission
In Alcoa, la nostra visione è quella di essere la migliore azienda del mondo, agli occhi dei nostri clienti, azionisti, comunità e persone. Da noi si aspettano e ci richiedono il meglio  che abbiamo da offrire sempre mantenendo in Alcoa i nostri valori:
• La tutela dell'ambiente
• Servire le nostre comunità
• Essere una società sostenibile
• Fornendo un ambiente di lavoro inclusivo e diversificato.
At Alcoa, our vision is to be the best company in the world--in the eyes of our customers, shareholders, communities and people. We expect and demand the best we have to offer by always keeping Alcoa's values top of mind. We are serious about:
• protecting the environment
• serving our communities
• being a sustainable company
• providing a diverse and inclusive work environment





                














































Criminali!

Lo studio SENTIERI, promosso dall'Istituto superiore di sanità, reso pubblico dal Ministro della sanità nel corso della vicenda ILVA di Taranto, ha confermato, in modo inequivocabile, che nell'area industriale del Sulcis-Iglesiente-Guspinese e in quella di Porto Torres, esiste una correlazione stretta tra l'inquinamento ambientale prodotto da questi siti e i danni causati alla salute delle persone, vale a dire che in quelle aree i lavoratori coinvolti nei processi produttivi e le persone residenti muoiono in misura maggiore, a causa dell'alta incidenza dei tumori della pleura, del polmone, della vescica, del fegato.
per quanto invece è riferito al SIN del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (Comuni di Arbus, Assemini, Buggerru, Calasetta, Capoterra, Carbonia, Carloforte, Domus de Maria, Domusnovas, Fluminimaggiore, Giba, Gonnesa, Gonnosfanadiga, Guspini, Iglesias, Masainas, Musei, Narcao, Nuxis, Pabillonis, Perdaxius, Piscinas, Portoscuso, Pula, San Gavino Monreale, San Giovanni Suergiu, Santadi, Sant'Anna Arresi, Sant'Antioco, Sarroch, Siliqua, Teulada, Tratalias, Uta, Vallermosa, Villa San Pietro, Villacidro, Villamassargia e Villaperuccio) "Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti tipologie di impianti: impianti chimici, miniere e discariche. Per uomini e donne è presente un eccesso di mortalità per le malattie dell'apparato respiratorio e un difetto, per i soli uomini, per le malattie circolatorie. Il tumore della pleura è in eccesso in entrambi i generi con una stima imprecisa dell'SMR. Si rileva infine un eccesso della mortalità per le condizioni morbose perinatali. Nei bambini delle scuole elementari di Portoscuso una frequenza più elevata di sintomi ostruttivi e bronchitici rispetto ai coetanei dei comuni di confronto; nei bambini di Sarroch la frequenza è più elevata anche per l'asma".



Ed ora dovete ripulire tutto!

[S.p.A. - Soluzioni per l'Ambiente] Alcoa n.1, 2012. Creazione di un logo diffuso
 tramite social network, utilizzo spontaneo da parte della popolazione
Grazie a D. Nonnis







Ma che cos’è l’Aluminum Company of America?
Ne è passato di tempo da quando gli operai avevano di fronte il padrone delle ferriere. Lo ignorano però i politici e sindacalisti che trattano la vicenda Alcoa solo come vertenza di lavoro, tacendo sulla reale identità della controparte. Che cos’è l’Aluminum Company of America? Nata nel 1888 a Pittsburgh, è oggi leader mondiale nell’estrazione e raffinazione della bauxite e nella fabbricazione di alluminio e prodotti derivati. Gli Stati uniti hanno però poca bauxite, i cui giacimenti si concentrano in Sudamerica, Africa, Russia, Cina, Sud-Est asiatico e Australia. L’Alcoa ha quindi sempre cercato di accaparrarsi la materia prima, ovunque e comunque. La sua storia è perciò intessuta con quella dell’imperialismo Usa. Non a caso, dopo il colpo di stato orchestrato dalla Cia in Indonesia nel 1965, con il massacro di oltre un milione di persone, fu l’Alcoa a ottenere dal dittatore Suharto la più grossa fetta della bauxite indonesiana. Fu ancora l’Alcoa che, dopo il colpo di stato organizzato dalla Cia in Cile nel 1973, riottenne da Pinochet il controllo della bauxite, nazionalizzata da Allende.  Non è neppure un caso che il presidente del Paraguay, l’ex vescovo Fernando Lugo, che voleva nazionalizzare le miniere di bauxite dell’Alcoa, sia stato destituito lo scorso giugno con un golpe bianco organizzato dalla Cia. Il potere dell’Alcoa, che possiede oltre 200 impianti in 31 paesi di tutti i continenti, va ben oltre l’attività industriale. Come emerso da Wikileaks, dietro l’Alcoa ci sono le più forti oligarchie finanziarie Usa, dalla Citicorp alla Goldman Sachs (di cui Monti è stato consulente internazionale).
C’è il complesso militare-industriale: l’Alcoa Defense, il cui fatturato è in forte crescita, fabbrica speciali leghe di alluminio per missili, droni, blindati, navi e aerei da guerra. Per i caccia F-35 produce elementi strutturali di primaria importanza (trasversali alla fusoliera in corrispondenza delle ali e interni alle ali). In tale quadro di poteri forti è maturata la decisione strategica  dell’Alcoa, dovuta a ragioni non solo economiche ma politico-militari: quella di realizzare in Arabia Saudita il più grande ed economico impianto integrato per la produzione di alluminio. Nel maxi impianto, che entrerà in funzione l’anno prossimo con energia e manodopera a basso costo formata in gran parte da immigrati, sarà trasferita anche la produzione Alcoa di Portovesme e forse di Fusina. Si conclude così l’operazione varata e perfezionata dai governi Dini, Prodi e D’Alema. Nel 1996 l’Italia cedette all’Alcoa il gruppo Alumix a partecipazione statale, base dell’industria nazionale dell’alluminio, quindi le fornì tramite l’Enel energia elettrica a prezzi fortemente scontati. Tale agevolazione, concessa tramite rimborsi anche dai successivi governi (Amato, Prodi e Berlusconi), è stata pagata dagli utenti italiani con un aggravio delle bollette per miliardi di euro, finiti nelle casse dell’Alcoa. Spremuto il limone, l’Alcoa se ne va. Lasciandosi alle spalle non solo lavoratori sul lastrico, ma danni ambientali e sanitari provocati da emissioni chimiche e rifiuti di lavorazione, che richiedono altri esborsi di denaro pubblico.
 Non tutto è perduto però: l’alluminio Alcoa tornerà in Italia. Dentro gli F-35...





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